Dubbi: incontro di facciata o volontà di collaborare? Ma cosa sta dietro al blitz di luglio?
Dopo il furibondo scontro sulla riforma del TUSMAR (Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici Digitali) di qualche settimana fa, a seguito dello scoop di NL su pericolose ipotesi di spegnimenti progressivi della FM, il Mise (evidentemente sollecitato da un ministro Giorgetti finito suo malgrado sulla graticola della già incandescente estate) aveva rassicurato gli animi. Nessun blitz: le nuove regole (del TUSMAR) saranno decise insieme, aveva spiegato il dicastero. Partendo da un incontro fissato per il 9/9/2021. Almeno questa volta più pubblicizzato dei precedenti.
Associazioni silenti durante e dopo il blitz
Se le associazioni di categoria hanno continuato a rimanere in ferie anticipate, anche davanti a tale annuncio (generando così dubbi e perplessità sul loro ruolo), tra i player più attivi durante la vicenda regna però lo scetticismo.
Lorenzo Suraci, presidente di RTL 102.5, raggiunto da NL, si è mostrato perplesso ed attendista: “Vedremo. Certo, l’approccio istituzionale mostrato nelle scorse settimane non mi è piaciuto”. Il riferimento dell’editore della prima radio nazionale è evidentemente a quello che era sembrato un blitz per mettere davanti al fatto compiuto gli editori.
Cui prodest?
Per cercare di capire la genesi di quello che, in questa ottica, appariva quel blitz che poi il Ministero dello sviluppo economico si è affrettato a smentire come tale, occorre fare una analisi puntuale della questione.
Gli argomenti sulla griglia
Tra gli argomenti che andranno sul tavolo per la definizione delle nuove regole del TUSMAR (indubbiamente necessitante di epurazione da anacronismi giuridici) ci saranno la pianificazione delle frequenze per il DAB+, inchiodata per le questioni adriatiche e il coordinamento delle frequenze FM oggetto di situazioni interferenziali estere (sembra per fortuna accantonata l’ipotesi allarmante di quelle potenziali). Ma anche le soluzioni di switch-over analogico/digitale in luogo di preoccupanti switch-off ravvicinati.
Incrocio
Su queste pagine, nelle scorse settimane, abbiamo ventilato un’ipotesi incrociando i problemi. Il DAB+ necessita di frequenze per concluderne la pianificazione. Per farlo è imprescindibile un coordinamento internazionale che dia la possibilità di ottenerne il massimo possibile attraverso concessioni (nel senso di flessibilità) dei confinanti. I quali, tuttavia, soprattutto sull’area adriatica, chiedono parimenti disponibilità a risolvere gli annosi problemi interferenziali in FM. Per i quali fin qui l’Italia ha dimostrato un approccio, diciamo, improduttivo.
Patto scellerato?
Da qui l’ipotesi di un patto scellerato concluso (o comunque ipotizzato) durante i negoziati: più frequenze per il DAB+ a fronte di spegnimenti di frequenze FM non coordinate ed interferenti. E siccome le uniche frequenze italiane FM coordinate a livello internazionale sono quelle della RAI (il cui direttore, Roberto Sergio, aveva proprio lanciato su queste pagine l’ipotesi di uno switch-off FM), a farne le spese sarebbero le emittenti private.
Diritti d’uso
Ma tra il dire ed il fare ci sono i pasticci amministrativi sedimentati: come revocare diritti d’uso FM non assegnati? Il problema sul piano giuridico non è di facile soluzione. Anche perché, non essendo al cospetto di frequenze assegnate (come per il DTT), la dismissione non potrebbe essere oggetto d’indennizzo.
Indennizzi
Soluzione, questa, che consentirebbe a qualche soggetto non interferente di uscire di scena volontariamente liberando risorse a favore di altri che invece eserciscono impianti incompatibili.
Piano risolutore
Attraverso l’assegnazione di frequenze (il tardivo Piano FM, per l’appunto) si potrebbe poi procedere ad una revoca dei diritti incompatibili a fronte di un indennizzo, esattamente come effettuato con il DTT. E, soprattutto, verrebbe azzerato l’impiego di frequenze FM cosiddette ridondanti, conseguente alla mancata pianificazione. Situazione che ha imposto un approccio contrario alla logica: utilizzare frequenze sussidiarie per compensare le interferenze.
Quel che resta del giorno
In questa ottica, un piano FM con (almeno) 31 anni di ritardo potrebbe consentire – nell’ipotesi dietrologica descritta – la prospettiva di una convivenza pacifica coi confinanti per quel che resta della vita della FM, in attesa della migrazione definitiva alla diffusione digitale (DAB+, IP, DTT, sat).
Azzeramento
Una prospettiva che chiaramente non piace agli editori, che vedrebbero completamente azzerati gli investimenti effettuati per l’acquisizione di frequenze per un’autoregolamentazione in surrogazione a quanto non fatto dallo Stato. Senza considerare la soluzione di continuità: il patrimonio di presintonizzazione verrebbe in gran parte spazzato via, attraverso assegnazioni di frequenze diverse da quelle storicamente conosciute dal pubblico. Anche se l’utenza spesso non conosce la frequenza FM sulla quale ascolta la stazione preferita, essendo la ricerca ormai delegata ad autoradio che indicano il nome e non il valore frequenziale durante la scansione.
Montefusco (RDS): non accetteremo una strada traumatica e penalizzante per utenti ed imprese verso il futuro
“Sia chiaro, nessuno si illude sul futuro analogico della FM. La strada sarà lunga e non accetteremo che sia traumatica e penalizzante per i cittadini e per le nostre imprese. Ci sono mille detti e proverbi che consigliano di non sprecare ciò che ci appartiene che è fondamento della nostra storia”, aveva commentato su NL Eduardo Montefusco, presidente di RDS, in un duro articolo di replica all’ipotesi di switch-off paventato da Roberto Sergio di Radio RAI.
Ora l’appuntamento è al 9 di settembre. Quantomeno per cercare di capirne di più.
In collaborazione con: newslinet.com